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Old 02-03-2009, 14:23   #80
BrunoeSimona
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Un cordiale buongiorno a tutti voi e grazie infinite per l'accoglienza. Sono commosso!
Come ho detto non sono un esperto, ma semplicemente un appassionato. Non ritengo di avere le risposte né gli strumenti giusti per parlare di tecniche cinofile, ma posso semplicemente passare le esperienze delle persone che ho conosciuto negli anni attraverso il mio lavoro.
Ma vengo subito alle risposte, cercando di essere sintetico.
Per “Randagio”: bisogna vedere cosa si intende per “educazione naturale”. Clicker training e condizionamenti di vario tipo sono processi vincenti se vogliamo che il ns cane non usi mai il proprio cervello e non impari a decidere autonomamente.
Il condizionamento operante (in qualunque sua forma) ha lo svantaggio di non aprire la mente del cane, ma di fargli dare per scontato una serie di cose e di esercizi. Difficile da insegnare (sono pochissimi gli educatori esperti di questo metodo) e sistema poco vincente sul lungo termine.
La non apertura mentale del cane sfavorisce l'ampliamento di quello che tecnicamente viene definito “innesco motivazionale”, il quale va ricercato e costruito quotidianamente in modo partecipe e relazionale.
Per aggressività intraspecifica si intende quella rivolta agli altri cani, la quale ha sostanzialmente due radici: il non corretto processo di impregnazione da parte dell'allevatore e l'errata socializzazione da parte del proprietario (confusa molto spesso, e quasi sempre in modo improprio, con la dominanza).
La ritualizzazione è invece uno dei principali sistemi di comunicazione tra cani. Difficile per noi umani essere credibili in questo senso visto che non abbiamo sostanze odorose da emettere né tempi posturali così veloci (ricordo che posture e olfatto lavorano in combinata).
Ai loro occhi, in merito alla ritualizzazione, anche il più reattivo degli umani è una tartaruga.
Quanto al cane “geloso”, che “fa i dispetti”, “vendicativo” e “rancorista”, sappiamo tutti che il cane (per sua fortuna) non possiede il “senso astrattivo” (posto nell'amigdala - la sede cerebrale deputata alle emozioni) e che quindi le interpretazioni umane al fenomeno creano solo incomprensioni profonde a cui i cani devono sempre porre rimedio in un modo o nell'altro.
Anche sulle gerarchie noi umani tendiamo ad antropomorfizzare: l'alfa umano e l'alfa canino sono due modi diversi e distinti di affrontare la questione, ecco perché è pressoché inutile, se non dannoso, diventare alfa a tutti i costi secondo le regole umane (o pseudo etologiche). Il cane vede il mondo attraverso i suoi occhi, le sue logiche e le sue necessità; non attraverso le nostre.
I cani non sono predatori, ma animali opportunisti (anche quelli posti in fondo alla scala neotenica – clc compresi), e non posseggono gli strumenti idonei per la sopravvivenza in natura (tanto è vero che il “cane rinselvatichito” non esiste ed è frutto delle credenze popolari tese a difendere il lupo dalle responsabilità di predazione).
Questo fondamentale dato di fatto non permette quindi la costruzione oggettiva di un branco vero e proprio (inteso come quello dei lupi per fare un esempio), ma una sorta di “gruppo di appartenenza” in cui vigono regole simili, ma non certo identiche. Le definirei “interazioni conspecifiche”.
Si preferisce quindi una costruzione relazionale con il cane ad una dominanza, dove il “dialetto etologico” instaurato e la coerenza siano i principi ispiratori della quotidianità.
Al cane (di qualunque razza) manca nell'era moderna una cosa su tutte che è responsabile della maggior parte dei problemi comportamentali: il “nutrimento spirituale”. Quella componente esistenziale che lo fa sentire partecipe e attivo nel proprio gruppo di appartenenza. Ciò che permette poi, col tempo, l'assoluto controllo sull'animale.
Ecco perché i cani da utilità o sportivi (di qualunque razza) difficilmente hanno patologie comportamentali o squilibri psichici se portati avanti in modo coscienzioso e cooperativo.
Ad Arnaldo le mie scuse per l'errore, mentre a Newton volevo ricordare che i clc sono cani come tutti gli altri.
Va sfatato, a mio personale parere, questo assurdo mito del clc in quanto “cane sopra le righe per pochi eletti”.
Le interlinee e le combinazioni genetiche parlano chiaro: il massiccio apporto di PT da lavoro (che non è certo simile al PT classico per modi e struttura mentale) sono riscontrabili in ogni certificato (ed il problema dei clc sta, secondo me, in quelle linee di sangue non certo in altro).
L'esperto di clc è in ogni caso un esperto di cani; la specializzazione di razza semmai può venire da etologi appassionati che studiano secondo criteri scientifici questa razza (quindi fuori dalle proprie convinzioni personali e non legate a parametri emotivi), proponendo dati che in ogni caso vanno letti attentamente in modo da non generalizzare, ma individuando all'interno di essi quello strumento su cui elaborare una personalizzazione del problema e della sua risoluzione.
Ringraziandovi per l'interessante dibattito aperto, vi saluto cordialmente


Bruno
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