Un cordiale buonasera a tutti.
Non conosco i motivi per cui l'amico Davide ce l'abbia con il mondo della ricerca e con i suoi esponenti. Ce lo siamo già detto in passato, ma ancora non mi è chiaro – perdonami Davide - il perché tu sia così ostico con quello che è la normalità del progresso tecnologico o scientifico.
Se non ricordo male sei un appassionato di volo – passione che come sai condividiamo – e sei cosciente di quanto la ricerca (in quel caso militare) abbia dato all'umanità sotto vari aspetti.
Qui è un po' la stessa cosa. Ricercare per migliorare – anche perché è solo questo il fine: non mi sembra un concetto disdicevole.
Io sono un semplice addetto ai lavori in merito alla ricerca (essendo un biologo), ma mi ritengo essenziale nel mio piccolo per lo sviluppo di alcuni progetti a cui ho partecipato; come ognuno dei miei colleghi.
Nello specifico in un immediato futuro - grazie al nostro lavoro - potremo conoscere meglio alcune patologie, progredire sul controllo della fauna selvatica e migliorare alcuni farmaci che potranno debellare epidemie.
La presentazione di un metodo o di una qualunque scoperta – come nel caso di questo trihed – è una prassi che si segue da sempre e non ci vedo nulla di scandaloso.
Non conosco la dott.ssa Emanuela Diana, ma da quanto leggo dovrebbe essere una professionista preparata nel settore cinofilo.
Il metodo in sé, invece, l'ho visto qui al parco l'anno scorso e sinceramente ne sono rimasto positivamente colpito, se non altro per la “semplicità” con cui questo viene messo in pratica..
L'efficacia di questo metodo è stata dimostrata in diversi centri cinofili tedeschi su molte razze (clc compresi) e, permettetemi il termine, “partorito” dopo molto tempo: il tempo necessario per migliorarlo e renderlo efficacie per la più alta percentuale possibile di soggetti.
Vedere una cosa, intuirla e metterla in pratica non è affatto facile e richiede tempo per diventare “metodo”.
Al centro di Claudio nelle Marche questo metodo è già oggetto di tesi per gli allievi del TACREC di Pisa e comunque già operativo da tempo – non è una novità.
L'iniziativa – credo spinta più dalla dott.ssa Diana che non da Claudio (il quale,conoscendolo, dubito che lo avrebbe voluto far conoscere al pubblico cinofilo) – è comunque secondo me pregevole; se non altro perché fornisce l'applicazione pratica di molti concetti zooantropologici teorici (i quali dilagano).
Andarci o non andarci è una semplice scelta individuale, ma che non toglie certo nulla al metodo in se.
Come ho più volte espresso, il metodo della “cooperazione tra specie” (così mi sembra si chiami) è destinato a far rumore, visto che rovescia quasi completamente il concetto di capobranco, di dominanza e ridimensiona fortemente il rapporto interspecifico.
Ricordo infatti che non mi stupì affatto apprendere che Claudio fosse in primo luogo un esperto di rapaci e di cavalli (oltre che di canidi). In quel caso le “dinamiche di branco” vanno a farsi benedire e devi sfruttare le particolarità etologiche dei predatori e delle prede se vuoi ottenere qualcosa da quegli animali.
Con i rapaci soprattutto, l'uso della forza o della coercizione è sinonimo di perdita dell'animale, dal momento che vola.
Un caro saluto
Bruno
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