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SE I CANI MORDONO...CHE SI DEVE FARE ???
Ipotesi genetiche e ambientali a confronto La ribalta delle cronache evidenzia che il problema riguardante le morsicature attribuibili a cani, spesso con risvolti tragici, che aveva motivato l’emanazione di una Ordinanza contingibile urgente da parte del Ministro della Salute nel 2003 (poi confermata annualmente dai Ministri successivi), è tutt’altro che risolto.
Troppo spesso, infatti, si leggono notizie sui quotidiani che parlano di aggressioni ritenute immotivate da parte di cani: da qui la messa alla gogna di razze ritenute particolarmente pericolose o potenzialmente tali.
Naturalmente, quelle più additate risultano essere Pitbull (riconosciuta ufficialmente solo dall’American Kennel degli U.S.A., e non dalla Fédération International Cynologique, che rappresenta quasi tutti gli altri Stati del mondo) e Rottweiler.
Cause genetiche ?
Le considerazioni esposte in più sedi da veterinari comportamentalisti, etologi, addestratori, ecc., sulla correttezza nell’indicare aprioristicamente alcune razze come pericolose hanno invaso la stampa specializzata e non.
Comunque, il problema non è stato risolto da nessun provvedimento ufficiale in modo tangibile.
Evidentemente, o si afferma che la genetica è prioritaria, quasi esclusiva, nell’esprimere aggressività incontrollabile da parte dei cani, e quindi come deduzione si dovrebbe procedere all’eliminazione fisica di tutti gli individui che siano dimostrati come appartenenti o discendenti da alcune razze imputate, oppure si deve dare atto che per risolvere il problema è necessaria la valutazione seria e scientifica di altri aspetti che non escludano la componente ereditaria (riconosciuta come attribuibile al 30% delle cause secondo i più accreditati Autori), ma che valutino soprattutto i determinanti ambientali (quotati al 70% delle cause).
Il risvolto del fenomeno dei “cani morsicatori” coinvolge non solo la Forza Pubblica, ma evidenzia sicuri aspetti di Sanità Pubblica Veterinaria.
Per questo motivo la Sanità Animale dell’A.S.L. 4 ha attivato già nel 2003 un “Osservatorio Epidemiologico degli Animali morsicatori e dei Cani di indole mordace”, con il chiaro compito di esaminare singolarmente i casi segnalati nella Città di Torino (circa 500 ogni anno) di animali protagonisti o vittime di eventi di morsicature.
L’obbligo di segnalazione da parte del Medico curante o del Veterinario curante vige ai sensi del D.P.R. 320/54 in ragione della profilassi della rabbia.
Tutti i Dirigenti Veterinari di questa A.S.L. partecipano all’Osservatorio.
Detto ciò, perché un cane morde?
Una risposta logica è quella per la quale il morso è insito nella natura del cane.
Ed è vero, i denti sono la sua arma, con quelli si difende, aggredisce e comunica.
Ma certo questa non è una sufficiente giustificazione, perché non ne spiega la causa, ma solo l’effetto.
Non è esaustiva neppure la risposta che indica nella genetica, e quindi nell’appartenenza a razze di un certo tipo, la causa principale dell’aggressività.
Bisogna ammettere che alcune razze hanno una indubbia prevalenza nella casistica del fenomeno “cani morsicatori”, ma i dati in nostro possesso relativi al biennio 2004-2006 indicano i meticci ( gli “incroci” cioè) come la categoria che più morsica (40,84% dei totali, contro il 12,06% del Pastore Tedesco, il 6,73% del famigerato Pit Bull e il 5,10% del Rottweiler).
Qualsiasi statistica di altra fonte conforta questa affermazione, ed è logico pensarlo in quanto i meticci sono i più rappresentati nella popolazione canina.
Inoltre, la prevalenza di un cane di una certa razza indica soprattutto che in quel territorio sono presenti molti soggetti di quella razza, e, quindi, la casistica relativa è inevitabilmente viziata.
E’ tuttavia inconfutabile che i soggetti di razze selezionate per la guardia, piuttosto che per la caccia o la compagnia, hanno una tendenza ad usare i denti per espletare le funzioni alle quali sono destinati, la guardia o la difesa appunto.
Spesso si tratta di cani che hanno una soglia del dolore più alta di altri, e che resistono perciò maggiormente alla sofferenza fisica.
La tendenza all’aggressività che può diventare pericolosa rimane tuttavia individuale, magari più riscontrabile in soggetti di alcune razze.
La teoria genetica, quindi, non riesce a spiegare il fenomeno dei “cani morsicatori”ed è tesa solo a semplificare le cause del fenomeno.
Cause ambientali ?
Molto più indaginosa e difficile è l’attribuzione delle aggressioni alle cause ambientali, perché qui i determinanti sono decisamente più vari e spesso intrecciati fra loro.
Intanto perché nell’ambiente è implicato l’uomo inteso come regista del rapporto uomo-cane, e qui cominciano ad emergere valutazioni molto interessanti, a volte sconcertanti.
Molti proprietari di cani tendono a “umanizzare” il cane, dimenticandosi che esso discende da un animale sociale che si chiama lupo, il quale vive nel branco dove c’è un capo, il capobranco.
Ad esso spettano privilegi che non hanno gli altri: la gestione del cibo, dello spazio e della sessualità.
Per la stragrande maggioranza dei cani cittadini, che vivono in famiglia, il branco siamo noi.
E’ evidente allora che il nostro amico nel suo branco non può avere delle prerogative sociali che non gli spettano, da capobranco cioè, perché il suo modo di affermare questa posizione gerarchica avverrebbe con la minaccia ed il morso (secondo i nostri dati ben il 37,40% dei cani morsica nel contesto famigliare).
Il cane deve essere gerarchicamente l’ultimo nella nostra famiglia; se questo non è così, è perché noi glielo abbiamo permesso “umanizzandolo”.
Alcuni modi grazie ai quali l’animale crede facilmente di essere “il capo” (il che equivale a incoraggiare il suo potenziale aggressivo) sono, ad esempio, permettergli di mangiare per primo davanti al nostro sguardo (nel branco il capo mangia per primo), o lasciare che dorma sul letto o in un posto strategico della casa (nel branco è il capo che gestisce gli spazi), oppure permettergli di non ubbidire (in questo modo rafforziamo il suo status gerarchico nel branco nel quale vive), e così via.
L’uomo può poi stimolare l’aggressività gestendo in modo troppo coercitivo il proprio cane (assicurazione perenne alla catena, maltrattamenti, ecc.).
E’ curioso notare come alcuni proprietari traggano un certo piacere o una certa sicurezza nel vedere il proprio amico (ma l’amicizia è ricambiata alla pari dall’uomo?) particolarmente aggressivo verso tutti, consimili o non.
La psichiatria clinica potrebbe essere interessata allo studio del fenomeno…
Tra le cause ambientali di comportamenti aggressivi è frequente il non rispetto dei vari periodi di crescita neuronale e di apprendimento comportamentale del cucciolo (periodi prenatale, neonatale, di transizione e di socializzazione).
Ad esempio, il cane nel periodo si socializzazione (in particolar modo dal 40° al 60° giorno di vita) acquisisce tramite la madre gli autocontrolli, la corretta comunicazione intra/interspecifica, le regole di vita del branco ed impara ad essere autonomo.
E’ evidente che separare, per poterli commerciare (per esempio nei negozi di animali della città), cuccioli che non hanno avuto il tempo di imparare dalla madre o da un adulto gli autocontrolli piuttosto che le regole del gruppo, può essere fortemente predisponente al comportamento aggressivo da errata socializzazione.
Anche in questo caso è evidente il ruolo dell’uomo.
Cause organiche ?
Infine, non è possibile trascurare le cause organiche alla base di comportamenti minacciosi che possono portare ad aggressività.
Soprattutto la scuola francese di Medicina Comportamentale Veterinaria, più di quella anglosassone, con chiara traslazione di concetti di psicopatologia umana, ha preso in considerazione l’errato funzionamento di alcuni sistemi neurotrasmettitoriali (serotoninergico, dopaminergico, noradrenergico) o le disendocrinie di alcuni sistemi (tiroideo, surrenalico e sessuale in primis), oppure ancora patologie senili (disturbi cognitivi, distimie, sindrome confusionale dell’anziano, ecc.) quali determinanti frequenti di comportamenti anormali e/o aggressivi.
Anche gli animali vivono stati di paura, di fobia, di ansia o di depressione.
Le recenti acquisizioni in Medicina Comportamentale Veterinaria sono attualmente in grado di spiegare molti atteggiamenti di minaccia e di aggressione da parte di cani, e di curarli in modo adeguato.
Sicuramente sarebbero di utile apporto nella comprensione di certe aggressioni.
Il fenomeno dei “cani morsicatori” non può quindi sic et simpliciter essere risolto mettendo alla gogna alcune razze.
E’ un provvedimento che non ha basi scientifiche abbastanza solide per dimostrarsi efficace e definitivo.
Come riportato, la genetica da sola non spiega il motivo per cui un cane aggredisce.
I fatti dimostrano che bisogna agire su altri fattori che tengano conto dell’ambiente e dell’individuo.
Un possibile utile e inconfutabilmente valido modo per limitare il fenomeno è la prevenzione, ad esempio sfruttando l’età scolare quale periodo utile per insegnare ai bimbi ed ai ragazzi il linguaggio del cane ed alcune regole affinché non si facciano morsicare.
Un altro metodo preventivo è effettuare educazione sanitaria e cinofila ai proprietari di cani ed ai cittadini, magari istituendo il brevetto di “cane e proprietario bravi cittadini”, sensibilizzando così la popolazione ed aumentando la percezione del rischio.
L’Area di Sanità Animale del Servizio Veterinario dell’A.S.L. 4 sta percorrendo ed intende continuare in questa azione preventiva.
Osservatorio Epidemiologico degli animali morsicatori e dei cani di indole mordace
Sanità Animale – Servizio Veterinario A.S.L.