non è un libro, ma un articolo di mainardi che può divenire uno spunto di discussione -- lo riporto dal corriere della sera on line
IL PARERE DELL'ETOLOGO - IL CASO DEGLI HUSKY E QUELLO DELLA CAGNOLINA LAIKA
La crudeltà del padrone che tradisce
Da parte dei cani l'affetto c'è sempre, per l'uomo a volte è finzione. Il cane ama per la vita, non può fare altrimenti
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di DANILO MAINARDI
L'alleanza tra il cane e l’uomo dovrebbe sempre basarsi su un reciproco rapporto affettivo. E se ciò è quasi la regola per i cani da compagnia dove, potremmo dire, l’affetto è la «ragione sociale» , altrettanto dovrebbe essere per i tanti cani che lavorano. Però, mentre da parte dei cani — di tutti i cani— l’affetto c’è sempre, per l’uomo talora è purtroppo soltanto una finzione. Le cose, in realtà, stanno così: il cane ama veramente, e per la vita, il padrone. Non può fare altrimenti. E se non fosse per questo fortissimo rapporto affettivo i cani da pastore, quelli da caccia, da slitta, da soccorso, perfino i levrieri dei cinodromi, non farebbero le tante, differenti e utilissime cose che sanno fare.
Il padrone è tutto per loro. Siccome però chi li sfrutta tutto ciò sa benissimo, il suo affetto può talora, malauguratamente, risultare strumentale, finto in definitiva. Pare incredibile, ma persino i cani da combattimento fan quel che fanno soprattutto per accontentare il loro crudele padrone che, anche se li tratta duramente, li stimola e li premia per la loro ferocia. Nel caso di Vancouver è perciò sacrosanto parlare di tradimento. Infatti quegli husky, poveretti, nella loro ingenuità erano felici perché con la loro fatica accontentavano il padrone, che perciò, fin che gli ha fatto comodo, li ha premiati e coccolati. Per poi crudelmente ammazzarli, forse senza nemmeno provare un minimo senso di colpa.
Stesso discorso può valere, andando indietro nel tempo, per la povera e indimenticabile Laika, quella che, nello Sputnik 2, dal 1957 è lassù nello spazio che gira, e chissà se un giorno lontano un essere umano potrà mettere le mani sul suo corpo mummificato. Amare parole scrisse su di lei, proprio sul Corriere, Dino Buzzati, che i cani li amava moltissimo. Queste: «Addio dunque, gentile cagnolino che non scodinzoli più, che non avrai più una cuccia, temo, né il prato, né la palla, né il padrone. Tu morrai in crudele solitudine senza saper d’essere un Eroe della Storia, un Simbolo del Progresso, un Pioniere degli Spazi. Ancora una volta l’uomo ha approfittato della tua innocenza, ha abusato di te per sentirsi ancora più grande e darsi un mucchio di arie».