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Old 18-01-2011, 17:47   #21
valentina
e la zecca Misha
 
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Il Brasile si commuove per Leao, il cane che veglia la tomba della padrona
Due giorni e due notti al cimitero dove è stata sepolta la donna, morta sotto le colate di fango dell'alluvione

MILANO - Fedeltà in mezzo alla catastrofe: ha trascorso due giorni e due notti in cimitero, accovacciato davanti alla tomba dove è stata sepolta la sua padrona, morta sotto i fiumi di fango conseguenti alle piogge torrenziali. Il Brasile piange per gli oltre 650 morti delle alluvioni che hanno devastato quattro città dello Stato di Rio de Janeiro. Ma si commuove anche per la storia del cane Leao, la bestiola che veglia pazientemente la tomba della sua padrona Maria Cristina Cesario Santana.
TERESOPOLIS - Siamo a Teresópolis, città a 90 chilometri da Rio, dove la tragedia ha spezzato 263 vite. E mentre si scava anche con le mani per cercare sopravvissuti e le persone scampate alla sciagura sono costrette a identificare i loro cari tra le centinaia di cadaveri, la toccante foto dell'Afp che ritrare il fedele Leao fa il giro del mondo. Storie analoghe ce ne sono tante. Quella forse più famosa risale alla fine del XIX secolo e ha come protagonista il piccolo terrier Bobby, che in Scozia è considerato ancora oggi una leggenda. Si narra che l'animale sia stato vicino alla tomba del suo padrone John Gray, nel cortile della chiesa di Edimburgo, per ben per quattordici anni, fino alla propria morte. In suo onore nella capitale scozzese è stata eretta una statua.


I cani soffrono come noi, ma non sanno cos'è la morte
Il dolore del fido Leao che aspetta sulla tomba il ritorno della padrona defunta

di DANILO MAINARDI

Durante la terribile inondazione che ha appena sconvolto il Brasile tra i tanti morti c’era anche una« donna che possedeva un cagnolino di nome Leao, un bastardino dolce che il mondo intero grazie a una foto ora conosce.È ritratto, il poverino, nel cimitero di Teresopolis, una località presso Rio de Janeiro, accanto alla tomba della sua padrona, Cristina Maria Cesario Santana. L’espressione di Leao esprime grande tristezza e rassegnazione.
Che passerà per la sua mente? Succede ogni tanto che un cane intuisca dove è stato sepolto il suo padrone, e non raramente il fedele animale non trova la forza, o la volontà, d’abbandonare per sempre la sua tomba. Se ne va per un poco ma poi ritorna sui suoi passi, sempre più triste e solo, e succede a volte che, preso da depressione, deperisca fino a morire. Sono storie, queste, sempre commoventi, perfino strazianti per chi ama i cani.

D’altronde non molto tempo fa persone d’ogni parte del mondo sono state emotivamente coinvolte dal film sulla storia d’Hachiko, il cane giapponese che, negli Anni Venti, aspettò per tutta la sua vita il padrone, morto ormai da anni. Chiaro che questi racconti vengono un po’ romanzati, che i cani tendono a essere umanizzati, ma c’è molto di vero, comunque, come ormai sappiamo soprattutto grazie agli studi di etologia cognitiva.

Credo perciò sia meglio, sia per noi che per loro, i cani intendo, comprendere, per quanto possibile, cosa può produrre, quanto ad affettività, una mente canina. Una mente cioè di animali per natura intelligenti e sociali. Una cosa certa, anche se ovvia, è che i cani amano intensamente i loro padroni e, inoltre, che il loro attaccamento è per la vita. Da qui discende la loro meritata fama di fedeltà. Ciò che è invece difficile da comprendere e da descrivere è la qualità del loro amore che, seppure in qualche modo analogo a quello umano, non può certo essere la stessa cosa, lo stesso sentimento.

È evidente, a ogni modo, che un cane è felice solo quando è col padrone e che, in caso contrario, ne sente fortemente la mancanza. Il cane d’altronde deriva dal lupo e pertanto l’attaccamento con gli altri membri della muta è essenziale per la sopravvivenza. È invece frutto d’una tendenza antropomorfizzante l’attribuire al cane un qualche senso, o speranza, di una vita oltre la morte. I cani hanno solo una conoscenza vaga e confusa di cosa sia la morte e, comunque, solo della morte altrui. Non sanno produrre quel sillogismo, così umano e conturbante: «Se tutti muoiono anch’io dovrò morire». È un’ignoranza beata, comunque, che preclude alle loro menti semplici speranze e proiezioni su un ipotetico al di là. Sono convinto che quei cani che attendono sulla tomba del padrone sperino che, prima o poi, si rifaccia vivo. Vivo sul serio, cioè nell’al di qua.
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Valentina & MISHA & ARES
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