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Gran figl de putt Member
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![]() ![]() Eccomi qui, finalmente, dinanzi al crepitare di un allegro fuoco, le cui fiamme danzano spasmodiche al cospetto di cupe ed enormi sagome nere di roccia, e luccicanti astri nella più recondita profondità sconosciuta. Finalmente, dissi poc’anzi, e mai parola fu più appropriata…dopo un lungo inverno dedicato a mostre, addestramento, lavoro e quant’altro, eccoci a casa, tra le nostre montagne che ormai da tempo avevamo dimenticato salvo qualche rara capatina fugace, e di più non potevamo permetterci visto che nel branco si era aggiunta una nuova leva che non era ancora in grado di affrontare tutta questa magnificenza. Infatti per la diavolessa Kalì questo è il vero e proprio battesimo del fuoco, ieri sera nottata in camper sotto cateratte d’acqua e violenti dardi luminosi scagliati dalle furibonde mani di Giove. Stamattina il primo vero e proprio approccio con la montagna, quella vera e severa…e come se non bastasse stasera la prima nottata all’addiaccio, nell’arida e sterminata distesa ghiaiosa che prorompe dalla Val dell’Inferno, una secca e decisa spaccatura tra l’omonima cima e l’imponente bastione dolomitico del Pramaggiore. Vista dall’alto, questa distesa costantemente alimentata dei suoi ciottoli bianchissimi dall’incessante susseguirsi dei disgeli, appare come un deserto di sabbia bianca che non può che riportare alla mente le montagnose distese desertiche del Sonora e del Potosi, certo in miniatura, ma l’effetto è molto simile. Quest’anno il disgelo si protrae a lungo, e la distesa è ancora costellata di rivoli e ruscelli d’acqua glaciale, infatti il continuo gorgogliare di uno di questi ci riempie le orecchie, lasciando spazio solo per la scoppiettante voce di questo fuoco. Alla mia destra Biork se la dorme di gusto, ormai esperto e rodato, mentre staccata un po’ da noi, ove il rossore delle fiamme riesce appena ad accenderne il pelo, Kalì sta come una sfinge, tutti i muscoli pieni e contratti, le orecchie ritte e gli occhi attentissimi. Eh!..La prima volta fa un certo effetto mia cara, anche per un semi-lupo come te, vero? Sembra intendere i miei silenziosi pensieri, tanto che si volta per un istante volgendomi uno sguardo indagatore, per poi tornare attenta a fissare l’immensa oscurità, mentre il mio, di sguardo, si perde nelle assurde forme che prendono vita tra le braci incandescenti. Il torpore del caldo sprigionato, e lo sguardo fisso nel centro più rosso è come sempre catalizzatore, per la mia mente, di viaggi a ritroso nel tempo, non molto in questo caso, perché la mente arriva veloce, come se fosse la prima fermata di una metro, alla giornata appena trascorsa, rivisitandola per aumentarne l’effetto appagante. ![]() Dopo un’intera notte, passata alternativamente a sussultare per le saette e a riassopirsi con il ticchettare della pioggia, finalmente arrivò il mattino, orfano del sole e ancora carico di pesanti nuvole che avvolgevano tutto. La pioggia concedeva ormai da qualche ora una fragile tregua ma tutto lasciava presagire che le ostilità del cielo sarebbero riprese prima o poi. Annusando l’aria piuttosto fredda, e notando la debolezza dei venti che facevano danzare le nubi, era possibile dedurre con buon margine di sicurezza che la minaccia, per un’eventuale giretto, riguardasse solo una doccia a cielo aperto, e che il rischio di essere flambati da qualche saetta era praticamente nullo. Comunque tutto, dopo un’intera notte chiusi in camper, chi li avrebbe tenuti un solo minuto in più in quella dorata e confortevole cattività? Forse un lampo?, un tuono?..Nah!!..già i freschi e carichi odori della montagna bagnata, che insistenti entravano da una fessura del finestrino appena aperto per l’appannaggio totale, li avevano elettrizzati in men che non si dica…non li avrebbe trattenuti neanche la certezza di trovar la morte!..e allora, giusto il tempo di preparare una muta da pioggia per ricoprire il più insulso animale lì presente in quel mattino, lo zaino in spalla, una magica parola, “andiamo!”, eee…Beh, ben potete immaginare cari amici l’esplosione di incalcolabili Joule di energia che si sprigionarono tra tendini muscoli e ossa contratti e dilatati freneticamente…esplosioni di cristallini zampilli d’acqua dalla rada vegetazione circostante percossa da pelosi corpi in movimento…inumani ringhi e grugniti che per qualche istante zittivano il coro mattutino della montagna…di sicuro mancava il sole a questo inizio di giornata, ma non di sicuro la vitalità!!! Assistendo a queste baldanze mi sono incamminato verso Oriente, intento a risalire, per quanto possibile, il sentiero che solca la ghiaiosa valle del Ciol Demont, che si presentava grigia e avvolta dalle nubi nella parte superiore. Salendo di buon passo, rinvigorito da una temperatura tutt’altro che estiva e un’aria frizzante, mi godevo la danza delle nuvole che trasformavano lo scenario continuamente, mentre i miei prodi compagni, lasciata la baldanza del via, ora procedevano con il naso al suolo, cambiando repentinamente direzione, prendendo una pista odorosa per poi lasciarla dopo un’istante per prenderne un’altra o semplicemente ritrovare la stessa che bruscamente aveva virato in una direzione improbabile. Kalì letteralmente euforica si abbandonava a queste vie odorose tanto da dimenticarsi di noi per centinaia di metri, salvo poi, alzare la testa e cercarci con lo sguardo, e raggiungerci celermente. Ma l’istinto la rapiva già dopo pochi metri e via di nuovo, il richiamo degli antenati forse è troppo forte per lei mi dicevo, perché non ricordavo che Biork avesse mai perso la testa a quel modo. Non che l’istinto di caccia gli manchi, e poco dopo me lo avrebbe dimostrato.. passati una quarantina di minuti di marcia Kalì come al solito scompare dalla mia vista e la vedo poco più in la, risalire freneticamente un ghiaione laterale…poco più in su un camoscio stava salendo, un centinaio di metri più in alto…l’aveva scovato la demonietta!! Il camoscio saliva consapevole ma piuttosto noncurante della presunta situazione di pericolo ma, dopo un’istante, essendosi Biork reso conto della situazione, l’ho visto dirigersi verso l’attacco del ghiaione. Decisi di non richiamarlo, tanto, mi dissi tra me e me, non lo avrebbero seguito per molto su quell’impervio terreno. E invece dovetti ricredermi; puntato il pendio nel senso più verticale possibile il mio patatone mi lasciava esterrefatto nell’esibire una progressione sui posteriori da far allibire anche il padrone di casa che stava poco più sopra. Penso che si sia mangiato un cinquantina di metri di dislivello in 30 secondi forse, lasciandosi Kalì alle spalle, e costringendo il camoscio a cominciare a servirsi di tutto ciò di cui madre natura l’aveva dotato per queste evenienze. Che spettacolo Biork, mi pare di rivedere ancora la scena, qui tra le fiamme…un vero spettacolo di potenza ed eleganza. ![]() Rimasi qualche istante a fissare la parte alta del ghiaione dove il camoscio era svanito dalla mia vista. La mia percezione visiva era sbarrata da una spessa coltre di nuvole che lasciavano solo a l’immaginazione il compito di presagire cosa ci fosse più in alto. Certo che quel ghiaione era proprio affascinante, era incassato in una stretta fenditura dalle pareti verticali avvolte dalle nubi. Il mio desiderio esploratore non ebbe bisogno di troppo tempo per prendere il controllo sulla mia volontà, e mi sono ritrovato a lasciare il sentiero segnato e a cominciare ad inerpicarmi in quella improbabile lingua di ghiaia. ![]() Facendo due rapidi calcoli in base al mio orientamento cercai di dedurre a che livello sarei sbucato sotto le pareti delle Torri Postegae, ma alla fine mi dissi: “Vai, che te ne frega di dove sbucherai!!”. E così feci, mi abbandonai totalmente all’ambiente che stavo cavalcando lasciando per strada le congetture da animale-uomo. Nel frattempo gli altri componenti del branco manifestavano il loro entusiasmo di proseguire la marcia lungo le tracce della preda appena sfuggita, mordendosi amorevolmente e uggiolando felici. L’atmosfera di quel luogo era a dir poco surreale, le verticali pareti comunque colonizzate da un bosco misto di conifere e piante decidue sembravano reggere un tetto di ovatta bianca che si avvicinava sempre di più, anche se non capivo perfettamente se ciò era dovuto al mio ascendere o alle nuvole che si abbassavano per avvolgerci. Sicuramente era dovuto ad entrambi i fattori, e in pochi minuti ci ritrovammo immersi in un soffice mare bianco di umidità gassosa al limite della condensazione liquida, tanto che ci ritrovammo bagnati in poco tempo nonostante non piovesse palesemente. Quella insolita sensazione non durò molto, ben presto uscimmo, come partoriti da quella nuvola in una sorta di limbo. Ci ritrovammo in un’ampio versante ghiaioso che scendendo dava vita a vari canali come quello che avevamo appena risalito. Oltre la nuvola non cera il sole, ma bensì uno spazio limpido e più sopra delle nubi ancora più alte. Eravamo come avvolti dalle nubi e la scena era alquanto appagante per i miei sensi tanto che posai lo zaino e cercai un’amica roccia su cui ristorarmi con un po’ di frutta secca. Non ci volle molto tempo e mi adagiai riprendendo fiato, pieno e pago delle sensazioni che dalle mie pupille entravano nel cervello, nonché dalle mie narici e dalla mia pelle. Come sempre in queste situazioni, loro due mi guardavano un po’ delusi, non comprendendo il motivo per cui ci eravamo fermati. Riflettei qualche istante su questa cosa, e arrivai alla conclusione, che il fatto non è che loro non siano mai stanchi, ma che spesso e volentieri la nostra differenza di specie ci porta ad essere poco sincronizzati. Se fossero loro a decidere sarebbero altri i momenti e luoghi in cui riposare, ma purtroppo per loro sono io a decidere i ritmi della giornata. Ma la loro capacità di adattamento alle situazioni, è innata, bastano pochi minuti per cui lascino la voglia di proseguire lungo la traccia di una eterna ed ipotetica preda, quasi una chimera, e si abbandonino al riposo. Per Kalì questo processo fu un po’ più lungo penso tra me e me, volgendo di nuovo lo sguardo al suo muso appena bagnato dalla luce rossastra del fuoco, ormai molto debole tanto da costringermi ad alzarmi per alimentarlo un po’. Si, lei è più restia ad accettare e a sottostare al sentire umano. Lo vidi dai suoi sguardi in quel momento per me di estremo rilassamento tra le nubi, ma riflettendoci ora mi rendo conto che lo vedo spesso, nel quotidiano, quando le parlo, le ordino qualcosa o quando le sue azioni sono condizionate da quelle dell’ambiente umano dove vive. E’ una sorta di sguardo di lieve sbigottimento, d’incomprensione che si nota maggiormente quando la sgrido, o le nego qualcosa. Non è che non sia sottomessa all’uomo, lo è, perché quando l’imposizione gerarchica minaccia di divenire fisica la sua mimica per manifestare la subordinazione è qualcosa di pittoresco. Ma è questo alone di incomprensione nel suo sguardo che la rende diversa, appartenente ad una sfera più selvatica credo, rispetto agli altri cani, Biork in primis il cui raffronto è sotto i miei occhi quotidianamente. In lui ho potuto notare una sorta di adattamento della sua logica al vivere umano, seppur in maniera diversa dagli altri cani che ho avuto in passato, ma pur sempre potevo notare in lui, fin da cucciolo, che comprendeva le regole del nostro vivere e il suo sguardo grave e supplicante nei momenti di azioni da me indesiderate ne erano la prova. Per lui non c’è mai stato problema ad accettare che la notte non finisce fino a che non mi alzo dal letto per esempio, oppure con il tempo ha capito che sia presente o no qualche bipede certe cose non vanno toccate anche se invitano la curiosità. Per Kalì è una questione semplicemente di causa-effetto: quando il primo fotone che dopo otto minuti di viaggio nello spazio dalla fonte della nostra vita urta la sua palpebra, e il secondo entra nella sua retina la notte è finita, non ci sono storie. Qual è l’insulsa e avulsa umana legge che vorrebbe il contrario sembra dire il suo sguardo attonito verso di me quando alle 5 del mattino le comando di rimettersi buona a dormire sulla sua branda, perché devo andare al lavoro! La sua curiosità con il tempo si è mitigata con l’associazione di stimoli negativi, sempre connessi alla presenza dell’uomo. Ma per quanto negativi e costrittivi questi stimoli possano essere per dissuaderla dal ripetere una certa azione, nel momento in cui il bipede è assente, e il bagliore fulmineo dell’istinto primevo le inonda il cervello non c’è ricordo di stimolo negativo che possa riemergere talmente forte da soffocare ciò che ha voglia di fare. “Ah potreste obiettarmi che forse bisogna vedere quanto polso ci ho messo!” mi verrebbe da dire a dei bassi alberi che si stagliano dalla massa dell’oscurità grazie alla luce del fuoco, che silenziosi e immobili ascoltano le mie riflessioni. E no, il polso l’ho messo e qualche volta ho calzato pure quello d’acciaio. La questione è che ogni fibra del suo essere è regolata dalle leggi di una sfera di esistenza che per nessun motivo si compenetra alla nostra anche se questa condivisione qualche volta sembra avvenire, ma perché è l’opportunismo proprio a quella sfera che crea una sorta di allineamento che in realtà è illusorio e non oggettivo! Qualche attimo o minuto (e chi può dirlo con certezza?), di assopimento sulle potenti e torride braci di questo fuoco ora mi stanno riportando all’umido, fresco e avvolgente assopimento di questa mattina. Si che bello è stato assopirsi dopo qualche pagina letta e appunto scritto nonostante pesanti nuvole cariche di potenziale bellicosità idrica pendevano sia sopra che sotto di me. O meglio, il bello venne al risveglio e alla presa di coscienza di essersi assopiti così naturalmente in una situazione così umanamente sfavorevole piuttosto che nell’assopimento stesso…è un vizio umano quello di non riuscire a godere a pieno dell’attimo ma piuttosto del ricordo! Mi alzai di scatto girandomi su me stesso, la situazione non era cambiata anche se qualche pennellata blu appariva in alcuni angoli del cielo. Biork e Kalì era già seduti davanti a me e pendevano dalle mie labbra; sapevo benissimo cosa si aspettavano che dicessi. ![]() Come potevo non accontentarli leggendo nei loro sguardi un’aspettativa sana e limpida, ma non volevo già scendere, l’unica alternativa era quella di salire o di tagliare il costone di traverso cercando di raggiungere un vecchio sentiero dismesso che poi si sarebbe ricollegato a quello segnato lasciato qualche ora prima. L’idea non mi allettava, soprattutto perché non sapevo il tipo di fondo che avrei trovato, e quanto avrei dovuto far camminare la piccola Kalì che, nonostante non dimostrasse alcun affaticamento, non doveva essere caricata esageratamente. Un altro giro su me stesso mi portò a guardare verso l’alto, dove il ghiaione ormai colonizzato da bassi mughi finiva contro la base dei bastioni rocciosi delle Torri Postegae. “Si dai, andiamo a vedere cosa c’è lassù, dove inizia il mondo verticale!” dissi ai miei prodi. Abbandonai la mia roba li come si trovava e libero d’ogni impacciante suppellettile mi lanciai in una folle corsa verso l’alto, contro la forza di gravità, lo sguardo fisso sul terreno per calibrare ogni appoggio e ogni spinta, godendo della immane trazione percepita nei muscoli delle gambe, con la bocca semiaperta e le narici spasmodicamente dilatate per incamerare più aria possibile, cercando di ritmare il respiro per evitare di sfiancarmi ed essere costretto a fermarmi, una sorta di Pranayama estremo e dinamico. Ovviamente due sagome pelose, la cui eleganza cancellava in un istante il piacere di quello sforzo estremo e senza senso, facendomi sentire goffo e inappropriato, già mi precedevano tagliando la mia traiettoria a destra e sinistra, seguendo una via che per loro sembrava già scritta nelle rocce ma che per me era incomprensibile. Per un attimo alzai lo sguardo verso l’alto, non mancava molto, strinsi allora i denti cercando di ignorare i violenti impulsi di dolore dai muscoli delle cosce che ormai urlavano la fine della loro disponibilità cinetica. Ormai arrancando e madido di sudore, accaldato follemente in ogni centimetro del mio corpo arrivai ad un piccolo sperone roccioso che segnava la fine tra il dominio degli animali dotati di zampe e i luoghi dove osano le aquile. ![]() Volsi lo sguardo verso i miei compagni e potei leggervi un’enorme soddisfazione. Sono certo, e lo sento, che in questi momenti di insensatezza umana loro mi amano follemente, mi sentono più vicino a loro, mi adorano come meravigliati di un’azione per loro inaspettata. Seduto su una roccia mi fermai a riprendere fiato, al cospetto di un panorama conteso tra terra e cielo, tra montagne e nuvole. Appena qualche minuto e capii che avrei dovuto muovermi nuovamente, e in fretta anche! Un lento ma crescente ticchettare di gocce d’acqua sulla testa mi stava comunicando che la tregua era durata anche troppo, e che era tempo di riguadagnare luoghi a me più consoni. E così cominciò a piovere copiosamente rendendo scivolosa e piena di insidie la discesa appena calcata in senso opposto, con il pensiero allo zaino aperto e alla mia roba sparsa per terra, che di li ha poco cominciai a vedere qualche metro più sotto. Giunto nel luogo della pennichella infilai tutto nello zaino disordinatamente, me lo issai sulle spalle, quindi il cappello ed infine il poncho. Così, una volta indossata la muta da pioggia potei godermi una tranquilla e cauta discesa sotto un costante copioso scosciare d’acqua che, ben presto, oltre a provenire dal cielo, sembrava sgorgare da ogni dove. Piccole e prima impercettibili scanalature del terreno si trasformarono in rivoli d’acqua che gorgogliavano sommessamente, dalle pareti rocciose prorompevano fiotti d’acqua che cadevano nel vuoto finendo la loro corsa alimentando altri rivoli; dagli alberi cadevano cadenzati scrosci d’acqua rilasciati dai rami che non riuscivano più a trattenere il peso della pioggia accumulata dalle foglie. Ogni angolo, l’alto come il basso, l’orizzontale come il verticale era sotto il dominio dell’elemento acqua, con tutto il carico di rievocazioni archetipiche proprie di quell’elemento, Ninfe e Silfidi danzavano in quel tripudio acqueo! La magia di quel momento non durò poi molto, perché dopo un’oretta la pioggia continuò a scendere riflettendo i primi raggi di un timido sole che tentava di farsi spazio tra le nuvole, sempre più insistente cercava di contendere all’acqua il dominio della scena fino a quando il rumore della pioggia cessò lasciando il primo piano del palcoscenico ad un luminoso e persistente gocciolare da ogni cosa, compreso me stesso, che ero zuppo dalla testa ai piedi. Biork e Kalì cominciarono quindi a scollarsi tutta l’acqua che avevano accumulato, e la cosa era divertente perché continuavano a camminare in discesa scollandosi di continuo senza fermarsi, perdendo la loro eleganza e la tipica sicurezza del loro passo tanto che finivano anche per inciampare. Una volta giunto al camper lo squarcio azzurro dominato dal sole era ormai enorme, e un caldo corposo, spesso e umido come quello delle foreste tropicali aveva attanagliato l’atmosfera. Bè tempismo migliore di questo non avrei potuto sperare, potevo così togliermi tutto di dosso e crogiolarmi al sole nudo come un verme. I vestiti, appesi ad ogni appiglio del camper, come i miei lupastri, fumavano intensamente restituendo al cielo parte dell’acqua accumulata…la restante veniva rivendicata con successo dalla terra, che con la forza di gravità la strappava sotto forma di pesanti gocce. Tutto l’ambiente circostante sembrava coinvolto in questa sorta di tiro alla fune. Nell’ultimo baluardo carrozzabile della strada di montagna che si inerpica fin qui non si vedeva anima viva, e questo mi dava un senso di benessere assurdo. Dedicarmi a tutte le piccole cose che necessitano di essere fatte dopo un’escursione, nudo e scalzo, pensando ad alta voce, mi dava un senso di appagamento enorme. Mi sentivo veramente a casa come mai prima di quel momento, nonostante sia irrimediabilmente legato a quei luoghi ormai da più di dieci anni. Questa baldanza animale e selvaggia si assopì con il sole che cominciò a calare e ad intiepidirsi, ricordandomi che appartengo alla razza umana, e che necessitò di coprirmi a certe temperature. Rivestitomi mi dedicai a rifocillare i miei compagni che, gradirono molto la cena anticipata. Io però ancora non avevo fame e già pensavo alla nottata guardando il cielo ormai sgombro dalle nuvole. La giornata era stata magica, potevo accontentarmi e abbandonarmi ad un comodo e ristoratore sonno nella mia casa con le ruote, ma non ero assolutamente convinto. Non potevo certo strafare, le belve erano già stanche, soprattutto Kalì. Mi venne allora l’idea geniale che qui mi ha condotto: “Una bella nottata con falò sull’enorme fiumara, un’oretta di cammino senza dislivello, anche in caso di repentino cambiamento atmosferico il rientro è abbastanza semplice…dai, fatta!!” Freneticamente mi dedico ai preparativi, in queste occasioni è come se ci fosse un’oscuro motivo che mi rende impaziente anche se razionalmente non vi sarebbe nessuna ragione per avere fretta. Mi ritrovai a guardare lo zaino un po’ perplesso dalle sue dimensioni, che mi risultavano un po’ spropositate per le necessità. Ripassai un rassegna un po’ tutto: reflex e cavalletto, no, non li posso lasciare..la digitale neppure, tendino da mare assolutamente no, l’umidità mi marcirebbe le ossa..coperta per i bimbi?!..no, se la meritano…sacco a pelo, giaccone, cena, machete, un libro, …scuotendo la testa arrivo alla conclusione che mi serviva tutto e quindi mi caricai il fardello e via un’altra volta, con sommo gaudio dei lupastri. Risalgo la stradina fino al crocevia dei sentieri, quindi puntiamo verso Nord-Ovest, dove le fiumare della Val dell’Inferno e della Val Menon danno vita all’insolito deserto. Mentre le ghiaie scroccavano letteralmente sotto il peso degli scarponi e dello zaino, mi voltai un’attimo verso il camper, solitario e immerso nella rada vegetazione. Mi venne come in un lampo la scena del film “In to the Wild” dove si vede il bus immerso nel verde, un po’ da distante. “Eccolo li, il mio Magic Bus” dissi, e mi abbandonai ad una sana risata per il paragone. ![]()
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IO CE L'HO PROFUMATO |
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#2 |
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Dopo qualche centinaia di metri abbandonai le ghiaie della Val Montanaia e scesi in quello che d’estate è l’enorme prato di Melluzzo, che nel disgelo diventa una sorta di acquitrino paludoso, popolato da rospi e funghi che prorompono dalle zolle più asciutte ed esposte al sole. Alcuni rospi giacevano morti qua e la, e questo per Kalì fu come per un bambino trovarsi al Luna park, prese a rotolarvisi sopra tutta contenta e soddisfatta, non disdegnando poi, anzi, di ripetere l’operazione sopra a mucchietti di sterco vario. Biork stava li, sopra di lei, a guardarla perplesso, mentre lei sprizzava godimento da tutti i pori, per quell’inconsulta azione, su cui gli studi umani non hanno ancora dato una risposta certa.
Profondamente eccitata, in Kalì prese il sopravvento l’aspetto della terribile Bhavani, lo capii dal suo sguardo particolarmente accesso e feroce, pregno dell’irrefrenabile desiderio di danzare su un cadavere come da sua consuetudine. Chi poteva essere la sua vittima? Il suo sguardo famelico già aggrediva un degno avversario, il Gengis Borte-Tchino, ovvero l’Immenso Lupo-Blu, il cui colore non poteva non rammentargli le spoglie di Shiva, sul cui cadavere alle è solita danzare per perpetuare il divenire universale. Cominciò così a morderlo, a prendergli la coda e poi scappare sollevando enormi schizzi d’acqua dal paludoso lago d’erba, a più mandate, sempre più insistentemente e con maggior ferocia, tanto che il Gigante cominciava a seguire le sue mosse e non più ad ignorarla. Ormai l’Immenso Lupo-Blu non le dava più le spalle e aspettava frontalmente ogni sua incursione. Una epica battaglia si annunciava, la terribile dea sub-himalayana aveva imprudentemente sfidato il signore della steppa, alleato con i potenti signori della Montagna. La terribile danzatrice, spalleggiata, o meglio posseduta dalle Tara Tattva dell’Acqua e dalle Vajra Yogini devote alla Mahadevi, ignorava la duplice natura dello Shiva, che oltre che morente sotto ai suoi piedi, è al contempo guerriero vincitore e portatore di vita. Per far fede al suo cosmico ruolo, il signore del Tridente non poteva che allearsi con il l’Immenso Lupo-blu. Li nel suo luogo naturale, la montagna, dove egli si ritirò per eoni interi dedito alla meditazione e ai piaceri di nettari inebrianti, poteva essere sconfitto? Lo scontro cominciò con nuvole e getti d’acqua scagliati fino al cielo, sagome di corpi avvinghiati, inauditi suoni facevano tremare le coscienze dell’intero creato, ma quest’ultimo tramava nell’ombra affinché la battaglia avesse l’esito necessario a sostenere l’immagine del mondo, il velo di Maya. E proprio da questa soglia, risvegliato dal frastuono uscì furioso, e con gli occhi accesi di fuoco il terribile Yamantaka, con la sua potente testa di Yak coronata dei teschi dei suoi nemici sconfitti, tra cui la morte. Nel gioco delle alleanze invisibili celate dietro lo scontro fisico, l’appoggio del più temibile dei bodhisattva all’immenso Lupo-Blu fu quella che decise definitivamente lo scontro, e l’ordine dell’Universo fu salvo! L’eterno ciclo poteva continuare, sebbene sconfitta Kalì sapeva che perché questo si perpetuasse prima o poi avrebbe dovuto calpestare il cadavere di Shiva, quindi sciogliere i suoi lunghi capelli neri, spiegare le sue dieci braccia, cingersi la collana di teste, la cintura di braccia, brandire la testa mozzata per i capelli, mostrare la lingua gocciolante di sangue e calzare le sue cavigliere di serpenti. Si, l’universo intero aveva bisogno della sua vittoria per vivere, però non questa volta! ![]() Gli attacchi di Kalì si sono susseguiti uno dopo l’altro, ma evidentemente la giornata gli aveva tolto quello spunto di velocità e di riflesso in più, che normalmente possiede. Invece per Biork quella del mattino era poco più che una scampagnata ed era ancora nel pieno delle forze. Ogni attacco era prontamente respinto con potenti colpi di petto, di spalle e di testa che mandavano Kalì per terra, dove il prode guerriero affondava le zanne in un corpo ormai senza energie. Rimasi per un bel quarto d’ora a godermi lo spettacolo, Biork aveva tutto il diritto di restituire mesi di soprusi e angherie. Ma Kalì comunque non abbandonava il campo di battaglia, ad ogni sconfitta si rialzava e ripartiva alla carica con energie inaspettate ma sempre insufficienti anche solo per far si che Biork si bagnasse sopra il gomito. Alla fine dovetti porre fine al massacro incitandoli a seguirmi mentre riprendevo il cammino. Lessi nello sguardo di Biork, quando incrociò il mio mentre mi sorpassava, un barlume di umana soddisfazione, mentre Kalì non aveva perso il suo enigmatico ghigno a bocca semi aperta, sarebbe stata pronta a ricominciare, fino allo sfinimento totale!! E così eccomi qua, in questo luogo di apparente solitudine e desolazione, di oggettiva esasperazione percettiva. L’udito, pieno e pago del rumore di quest’acqua glaciale, è così protetto dal devastante e assordante silenzio tipico delle notti prive di luna. Quanto sa essere violento e assordante il silenzio, quello estremo, e come non può risalire le anguste scale a chiocciola della memoria il fragore statico udito ormai nove anni fa, in quelle notti passate al Tanque Valentin, nel deserto di San Luis Potosì. La prima notte quando il silenzio veniva interrotto dai richiami dei Coyote, questi mi provocavano inquietudine mentre nelle notti successive, dopo che il silenzio mi era penetrato dentro e lo avevo compreso a pieno, gli stessi richiami erano quasi un sollievo per le orecchie. ![]() Con questo ricordo nella mente, e nelle orecchie questo gorgogliare e questo crepitare vorrei un po’ di quel silenzio, quello che ti impedisce di pensare e ti rende come l’antenna di un insetto, teso e pronto a captare qualsiasi sussulto, sia che provenga da fuori che da dentro. Come è ora Kalì, con lo sguardo fisso in una ignota direzione, là nel buio oltre la vegetazione accesa di rosso dal fuoco. Il fuoco riflesso accende letteralmente il suo sguardo selvaggio, e questo, a sua volta, mi fa vibrare qualcosa dentro che non capisco. Cosa si proverà, cosa si percepirà dietro a quello sguardo? Il desiderio di immedesimarmi in ciò che quello sguardo comunica mi divora ferocemente. Quello sguardo, a differenza di quello amico e fraterno di Biork, non ha nulla di umano, o meglio di umanamente comprensibile. Anche se riflettendoci bene non ha sempre questa luce, questo magnetismo, se mi capita di pensare, di immaginare, di visualizzare nella mia mente Kalì, è così che la vedo, con questo sguardo trasudante di una Natura interiore avulsa ai meccanismi che sorreggono il mio concetto di realtà. “Vedi, caro mio, che come sospettavi ciò che su cui avevi riflettuto stamattina non si era esaurito e c’era qualcosa di più. Si quella Natura, ti attira, ti attira selvaggiamente e non da oggi. Una Natura interiore che vive di meccanismi lineari e pratici, estranei da ogni sorta di giudizio, morale, etica e interpretazione fittizia, o qualsivoglia complicazione di cui il tuo cervello è pieno. Agire secondo ciò che l’istinto innato e il sentire del tuo corpo ti comunicano. Abbandonarsi in ogni particella del proprio essere alla felicità, al piacere, alla ferocia, all’ira, ad istinti assassini…alla dolcezza, e al gioco…sentirsi parte di un’entità formata da più individualità, e viverne le vicissitudini ed i rapporti in modo sempre lineare e limpido, che si tratti di dominanza, di amore, di fraternità di sottomissione, di scontro e di cooperazione, che sia questa pacifica o violenta o addirittura assassina..ma forse ciò che ti attira di più è forse la capacità di entrare ed uscire da ognuno di questi stati solo per concatenazione di causa-effetto, per puro volere, passare da uno al suo opposto senza alcuna difficoltà, con la massima naturalezza…viverli nell’attimo senza pensare al prima, al poi e a qualsiasi implicazione se non pragmaticamente necessaria.” “Si è qualcosa che mi attira follemente, che vorrei provare almeno per un istante, non ti sbagli! Il suo sguardo accesso dalle deboli fiamme mi evoca proprio qualcosa del genere, il miraggio di poter percepire e comprendere la natura interiore di un essere come lei, è qualcosa che ha sempre attirato l’animo umano, perché suscita nobiltà, fierezza, ed una sorta di superiorità!” “ Nobiltà? Ricordi qualcuno vero, che rifaceva la propria nobiltà d’animo e di intento a quella del lupo, tanto da vedere in tal senso anche il proprio nome? E colui che dichiarava di essere lui stesso, e quindi tutto il suo popolo, discendente dal lupo? Ricordi pure quello? Se si potesse dotare di parola delle teste mozzate o di intelletto delle moltitudini d’ossa, credo che avrebbero di che sindacare su un tal concetto di nobiltà!” “Ti sembra che sia nello stato in cui attecchiscano considerazioni moralistiche, al cospetto di un simile scenario? Dai lascia perdere, lo sai che non attacca…umanamente si potrebbe disquisire a profusione sull’argomento ma le conclusioni a cui si arriverebbe sarebbero vuote di ogni senso e valore in un contesto come questo. Ti sei forse dimenticato di quante volte mi hai dimostrato che tutto è relativo alla condizione da cui osservi le cose?” “ L’unica cosa che posso dire è che forse è folle pensare di associare una Natura interiore come quella ad un sistema percettivo come quello umano!” Si, forse è quella la chiave mi dico osservando ancora quell’imperioso sguardo che fissa inflessibilmente qualcosa di ignoto nel buio. Quel mondo interiore è proprio ed inscindibile dalla sua maniera di percepire, dalla maniera in cui i suoi sensi gli descrivono l’ambiente circostante. Mi ritrovo a fissarla nutrito di un desiderio, forse malsano, per cui possa esistere un modo negli arcani meccanismi dell’universo attraverso il quale, fissando appunto una cosa, si possa creare una simbiosi e vedere e percepire come se si fosse della stessa natura dell’oggetto, una sorta di osmosi tra soggetto e oggetto. D’un tratto mi trovo ad osservare uno scenario sconosciuto, qualcosa di simile ad un paesaggio lunare, monotipico. Ma il paragone non è molto esatto perché pian piano mi rendo conto che sto osservando una bassa e rada vegetazione, ma di un colore argenteo opaco. No, tutto è di un colore argenteo opaco, ma ogni cosa ha diverso grado di opacità. Le foglie rasentano qualcosa che può rasentare la definizione di lucentezza, mentre il terreno, all’opposto, rappresenta la tonalità più oscura di questo inquietante colore. Non riesco a percepire alcun tipo di profondità nell’ambiente circostante, e questo mi disorienta, prendo a voltarmi in ogni dove, per riuscire ad avere un’orientamento spaziale. Man mano che la mia vista si abitua a questa luce, comincio a percepire qualche diverso livello di profondità attraverso le diversità di lucentezza ma la sensazione è ancora opprimente, sembra di essere con il naso contro un quadro, uno scenario vivo, che si muove ma privo di profondità, una sorta di bassorilievo animato. E come sposto la visuale da destra a sinistra, e come se questo bassorilievo mi rimanga appiccicato a pochi centimetri, e la trama di questo scenario cambia e si evolve come si mi trovassi in una normale dimensione spaziale. Allora cerco una via di salvezza volgendo lo sguardo verso l’alto ma non sembra esservi differenza molto rilevante, mi sento come inscatolato, in una trappola perpetua che si rinnova ad ogni mio movimento e cambio di visuale. Guardare verso l’alto però mi da una sorta di sollievo, non di tipo intellettivo ma semplicemente una sensazione puramente corporea che comincia a pervadermi. Mi rendo conto di stare osservando le stelle nel cielo, ed è la loro visuale a darmi di nuovo un senso di profondità, ma se abbasso lo sguardo l’opprimente sensazione ritorna, quindi, passo dalla benefica contemplazione degli astri all’osservazione della realtà circostante al fine di cercare di muovermi. Proseguo con questo alternanza finche pian piano l’ambiente comincia inspiegabilmente a dilatarsi dallo scenario asfissiante da bassorilievo, in direzione a me opposta. Solo dopo che questo processo è pienamente innescato un sordo e deciso rumore, come di un legno spezzato, mi invade il cervello e mi rendo conto che sto udendo l’ambiente circostante mentre prima, nei momenti di oppressione il mio udito era come congelato. Mi ci vuole meno di niente per rendermi conto che è proprio l’udito che mi sta ridonando la sensazione di tridimensionalità che prima sembrava svanita. Ma la mia visuale ha acquisito profondità, è la percezione dei suoni circostanti, o meglio è l’inaudita facoltà di percepire l’esatta ubicazione della fonte del rumore a fornirmi una sorta di inintelligibili punti, che essendo ognuno ad una diversa distanza da me, costruiscono la profondità della mia percezione. Incredibile è come questi punti rimangano fissati in un’oscura capacità mnemonica nonostante la fonte cessi di vibrare. Se questa dopo un movimento non percepito riprende ad emettere dei suoni viene subito riconosciuta, e come se ogni diversa fonte che si palesi al mio udito rimanga come impressa e venga riconosciuta a livello sonoro in qualsiasi circostanza, anche quando questa esce dal campo uditivo per poi rientrarvi. In un crescendo che sembra inesauribile, nuovi suoni si palesano a questo straordinario senso, che sarebbe riduttivo definire solamente uditivo, ed è straordinaria la peculiarità selettiva che permette di concentrarsi su di un suono, magari proveniente da una sorgente lontana, che emette a bassa intensità, nonostante nei paraggi via siano innumerevoli fonti di intensità tale da coprire quasi tutti gli altri suoni. Sembra esserci come una capacità di escludere, o meglio mettere in secondo piano tutto ciò che non appartiene all’obiettivo volontariamente prescelto. Ecco che mi ritrovo a penetrare il muro di un intenso rumore d’acqua, come a divertirmi per diletto a prestare attenzione a qualche impercettibile vibrazione che oltrepassa questo muro, e poi applicare questa peculiarità selettiva per raccogliere un’unica e completa unità informativa sulla fonte, sia qualitativa, sia quantitativa che di ubicazione. Tutto in un sol attimo, dopo che vi è concentrata l’attenzione oltre il muro dell’acqua. Ci sono rumori però che non riesco ad identificare ma che il mio intelletto scheda e registra, e riconosce ogni volte che si ripresentano. Un brulicante brusio si cela oltre questo muro, una folata di vento che scuote foglie lontane, un sasso che rotola da solo, un topolino o piccolo animale che si muove febbrilmente attorno ad uno stesso punto, forse la sua tana…non distante un uccello notturno sbatte con potenza le ali in direzione contraria rispetto a quella in cui si sta muovendo per terminare il suo volo aggrappandosi ad un robusto ramo, che flettendosi cigola sinuosamente con intensità decrescente. E’ pesante, è un grosso uccello. Nel muro del suono dell’acqua sento chiaramente un grosso sasso che cedendo d’improvviso e per chissà quale motivo alla forza dell’acqua, percorre qualche metro nel letto del fiume per poi incastrarsi nuovamente. Ad un tratto un suono pare accendere tutto il mio essere, ogni fibra sembra concentrata nell’ ”udire” quel suono, un sommesso calpestio, a tratti più deciso. In poco tempo tutti gli altri suoni vengono come spenti e la concentrazione su questo suono diventa impeccabilmente totale. A poca distanza un suono simile ma più deciso anche se più debole, è sicuramente più distante ma non di molto, è sicuramente più grande ma non di molto. D’un lampo l’informazione è recepita da tutto il mio essere, un animale aggraziato dalle zampe sottili e dall’elegante movimento, si muove entro piccoli tragitti con il collo reclinato verso il suolo. Strappa dell’erba, dei germogli dagli arbusti, ogni tanto alza testa e si ferma, per poi riprendere la sua attività. Più precisamente c’è un animale più grande e uno più piccolo e più impacciato. Il mio interesse comincia inspiegabilmente a concentrarsi su quest’ultimo, comincio a seguirne i minimi movimenti. E’ come se una parte di me spingesse per protendersi ad individuare altre vitali informazioni su questo animale più, e la mia testa si protende in avanti. Ma ci vuol poco per rendermi conto che è qualcosa che da dentro di me attira qualcosa fuori da me. Improvvisamente mi rendo conto che le mie narici stanno inalando ed espirando freneticamente quantità d’aria impressionanti e seguitamente mi ritrovo a percepire un’intenso odore, particolare e molto familiare. E’ il mio odore, lo riconoscerei tra milioni di interferenze, è qualcosa di innato e potentissimo, è come se fosse la mia immagine, nitida e precisa. Non avevo fino ad adesso, in questo assurdo cambiamento sensoriale, prestato attenzione agli odori, quel rumore lontano mi aveva fatto rendere conto di avere a disposizione anche questo straordinario senso. E’ come se tutto l’ambiente circostante si stesse accendendo, prendendo ulteriore vita. Se prima da una visione opprimente avevo conquistato la profondità attraverso i rumori, ora attraverso l’olfatto la descrizione qualitativa dell’ambiente è qualcosa di estatico, di completo e inimmaginabile. Percepisco l’odore sprigionato dall’acqua del ruscello come una consistente nuvola che si espande e si contrae, l’odore delle rocce sotto di me è come se donasse colore ad ognuna di loro. Un fantasmagorico susseguirsi di correnti, scie spirali, di ondate di vento cariche di piccole nubi diverse, mi raccontassero il mondo circostante ad una profondità inimmaginabile. E’ qualcosa di straordinario! Una forte folata di vento mi inonda, decine di odori confusi associati a delle sorte di idee informi saturano la mia percezione. Tra tutti ne distinguo uno chiaro netto e preciso. E’ quel piccolo animale!! Qualcosa dentro la parte più profonda di me è come se si rompesse di schianto, facendo fuoriuscire qualcosa! E’ come se il riconoscere l’odore di quell’animale fosse come l’aver trovato la parte terminare di una combinazione che attiva un meccanismo. Ora udendo i rumori da esso provocato è come se potessi vederlo, non a livello di immagine, ma ad un livello ancor più completo. Quel qualcosa fuoriuscito è come un’onda di calore che sta accendendo ogni fibra del mio corpo, e come se qualcosa stesse prendendo in me il sopravvento sulla mia volontà. L’immagine non immagine dell’animale mi sta letteralmente eccitando, o meglio mi sta inducendo uno stato di iper lucida euforia. Comincio a muovermi senza volerlo, una zaffata di un odore acre, caldo e pungente per un istante mi distrae verso una ignota fonte di luce. Nulla può ora distogliermi da quell’eccitamento. Attraverso d’un sol balzo il fiume, e già dopo qualche passo oltre ad esso il suo rumore e il suo odore scendono ad un livello secondario, facendo letteralmente esplodere di imput l’ambiente di fronte a me. Tutto ciò che giungeva come un brusio attraverso il muro dell’acqua ora era un caos primordiale di rumori, punti di riferimento, odori ed altre sensazioni inspiegabili. Se non fossi preso da questo incalzante eccitamento penso che potrei rimanere qui per sempre rapito da questa saturazione percettiva. Tutti i miei sensi mi stanno conducendo con passo furtivo ma deciso verso quel piccolo animale, accompagnato da uno più grande. Ma il vero motore è questo eccitamento euforico che comanda ogni passo, che rende la concentrazione inalterata su quel rumore nonostante il caos circostante. La memoria di quell’odore è fissa e ben presente e subito lo ritrovo sul terreno. Posso vedere la scia, ma subito prende la forma dell’immagine non visiva dell’animale davanti a me, che si muove tranquillo, bruca e poi scatta per qualche passo. Attraverso l’odore posso come rivederlo nel tempo passato quando era sul luogo che sto annusando. Si lo “vedo” nitidamente in ogni suo minimo movimento, e non v’è alcun minimo dubbio in me che l’ “immagine” che vedo è quella esattamente fedele a ciò che si è svolto in quel luogo non molto tempo prima. Gli odori mi stanno comunicando tutto ciò che è accaduto lì ed ad una certa distanza, in un certo arco di tempo. Un rumore mi riporta all’immagine presente, ma traslata nello spazio, dell’animale. Il fuoco che mi sta divorando da dentro è come se fosse magneticamente attaccato a questo animale. Mi avvicino sempre di più, a tratti più velocemente, a tratti più piano e sommessamente. Ma questi cambi sono indipendenti dalla mia volontà, è questo fuoco di eccitamento ed euforia che guida ogni passo. A tal fuoco ora, man mano che mi avvicino, si aggiunge, quasi ossessivamente il ricordo di uno odore inteso e pastoso, e di una sensazione di potenza. Entrambe sembrano montare esponenzialmente man mano che mi avvicino, i muscoli cominciano ad essere presi da qualche spasmo per la contrazione, il rumore avvicina sempre di più l’”immagine”, mentre gli odori della vegetazione e la loro sagoma di lucentezza mi indicano una via già scritta tra gli arbusti. Ecco che dietro uno di questo vedo la sagoma opaca dell’animale che bruca, poco oltre la sagoma dell’animale più grande con la testa rivolta verso di me. Mi ha sentito, quello piccolo invece no. Il fuoco è ormai al limite, sto per esplodere, come se stesse giungendo una sorta di orgasmo, tutte le mie articolazioni sono contratte al massimo, la bocca semiaperta sta riempiendo i polmoni d’aria. Come al rallentatore vedo il collo dell’animale alzarsi verso il cielo, volgendo lo sguardo nella mia direzione. Due luci scintillanti nella sua testa mi colpiscono ed è come se qualcosa a lungo trattenuta si liberasse in tutta la sua potenza, mi sto muovendo a velocità assurda verso queste due luci, spinto non dagli arti ma bensì dal ricordo di quell’odore pastoso e quella strana sensazione. Sento i miei denti affondare nell’animale. Sento quello più grande fuggire rumorosamente assieme ad un’altra miriade di abitanti del luogo che si trovano nelle circostanze. Tutto si oscura e si zittisce, rimango solo con l’animale, e l’odore pastoso di un liquido scuro che si sprigiona nella bocca e in tutto l’ambiente. Ciò spinge al massimo l’euforia cinetica del momento che cerco di scaricare scuotendo energicamente la testa da una parte all’altra, con scatti potenti e repentini, accompagnati da un progressivo ed inesorabile serrarsi delle mascelle. Ed ecco che quella strana sensazione non è più un ricordo, ma comincia a riempirmi, spegnendo gradualmente questo fuoco ormai insostenibile. E’ come se questa frizzante e calda sensazione provenga dall’animale che stringo tra i denti. Ormai ha mitigato il fuoco, trasformandolo in una rilassante ed appagante quiete e sicurezza. So che durerà un po’ anche se non so il perché. Ma so inconsciamente anche che prima o poi svanirà e poi riapparirà, e quel fuoco mi divorerà ancora, e ancora e ancora, fino al momento in cui un fuoco più grande del mio metterà fine a questa ciclicità, per darne vita forse ad un’altra. Un’ondata di fumo mi riempie gli occhi, sono imbambolato davanti ad un cumulo di braci. Devo essermi addormentato seduto. Cerco subito con lo sguardo Kalì nel punto in cui stava prima ma non la vedo. Pesantemente intorpidito mi volto indietro e la vedo accoccolata a fianco di Biork. Dormono pesantemente. ![]() Mi stiro le braccia sopra la testa levando lo sguardo al cielo. I carri hanno ormai compiuto la loro rotazione intorno alla Stella Polare, le stelle del Medio cielo sono passate ormai dalla parte opposta della vallata. E’ molto tardi, non manca molto all’alba. Ci allontaniamo dal ruscello cercando riparo dall’umidità della notte sotto il tendino montato sotto i primi alberi. Il caldo sacco a pelo mi accoglie ad un meritato riposo. Buonanotte!
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IO CE L'HO PROFUMATO |
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#5 |
Neo & Bill
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Complimenti!
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http://www.pedar.it/canelupocecoslovacco |
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#6 |
http://www.flickr.com/pho
Join Date: Sep 2003
Location: Cattolica
Posts: 4,130
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Grazie Alessio, parole e foto si fondono perfettamente , posso solo sperare di condividere con te , prima o poi ,queste esperienze.
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Talità Kum. Noi siamo Alakanuk . |
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#7 |
Junior Member
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Wow che meravigliosa favola!
Da togliere il fiato. Veramente un esperienza wild in simbiosi con i tuoi bellissimi lupotti. Grazie per averci fatto sognare!
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Mo&Helki |
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#8 |
Distinguished Member
Join Date: Mar 2004
Location: Firenze
Posts: 3,202
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mi mancavano i tuoi racconti e le tue foto nel bosco!!!!
in alcune foto mi sembrava di essere proprio li ,fantastiche! beato te...invidiaaaaa
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Antonella&Miki "Andai nei boschi,perchè volevo vivere con saggezza e profondità ,succhiare il midollo della vita e non scoprire in punto di morte,che non avevo vissuto" |
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#9 |
Senior Member
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La magia di certi momenti,e di certi posti,spesso fugge via quando si cerca di ingabbiarla in una struttura di frasi e parole.
Stasera con grande piacere devo constatare che sei riuscito nell'impresa di condurci per mano, attraverso foto mozzafiato e un racconto esmplare, in questa dimensione unica,selvaggia e speciale.
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www.lupifelix.it |
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#10 |
Sunnywolf
Join Date: Feb 2006
Location: Autostrade per L'Italia
Posts: 4,234
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..che lupi fortunati ...non ho ancora letto tutto ma le foto parlano da sole...
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#11 |
Senior Member
Join Date: Mar 2008
Location: Pontedera (PI)
Posts: 1,313
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Wow che racconto.......gia' il lunedi' e' dura riprendere a lavorare, ma cosi' ti viene subito voglia di scappare!!!
Complimenti davvero ....un bellissimo modo di vivere la natura e i propri cani, e che foto!!!
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#12 |
Ombrina & il Mostro!!!
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che invidiaccia...! porcaccia la miseriaccia...!! non puoi farmi del male in questo modo....!!! sei proprio cattivo....!!!
bellissime le foto.. e Kalì mi piace sempre di più.. Biork, in alcune foto è uno speldore.. ma in altre, di più...!! mamma mia...! Cattivo!! ![]() |
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#13 |
e la zecca Misha
Join Date: Feb 2006
Location: Trento
Posts: 9,262
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complimenti alessio,
meraviglioso il racconto e anche i lupacchiotti..... ti meravigli della luposità e dei sensi sviluppati della tua kalì? bhè... a parte essere K A L I..... ricordati che è una FEMMINA!!!!! ![]() |
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#14 |
Junior Member
Join Date: Mar 2008
Location: Ancona
Posts: 220
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![]() “Vedi, caro mio, che come sospettavi ciò che su cui avevi riflettuto stamattina non si era esaurito e c’era qualcosa di più. Si quella Natura, ti attira, ti attira selvaggiamente e non da oggi. Una Natura interiore che vive di meccanismi lineari e pratici, estranei da ogni sorta di giudizio, morale, etica e interpretazione fittizia, o qualsivoglia complicazione di cui il tuo cervello è pieno. Agire secondo ciò che l’istinto innato e il sentire del tuo corpo ti comunicano. Abbandonarsi in ogni particella del proprio essere alla felicità, al piacere, alla ferocia, all’ira, ad istinti assassini…alla dolcezza, e al gioco…sentirsi parte di un’entità formata da più individualità, e viverne le vicissitudini ed i rapporti in modo sempre lineare e limpido, che si tratti di dominanza, di amore, di fraternità di sottomissione, di scontro e di cooperazione, che sia questa pacifica o violenta o addirittura assassina..ma forse ciò che ti attira di più è forse la capacità di entrare ed uscire da ognuno di questi stati solo per concatenazione di causa-effetto, per puro volere, passare da uno al suo opposto senza alcuna difficoltà, con la massima naturalezza…viverli nell’attimo senza pensare al prima, al poi e a qualsiasi implicazione se non pragmaticamente necessaria.” [/quote] Questo è il nostro tesoro perduto,la nostra mancanza. è la fonte di ogni nostro movimento, di ogni nostro pensiero,desiderio...inesauribile.Un vuoto incolmabile che ci riempe di vita. ..amore significa dare ciò che non si ha. Davide |
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#15 |
Distinguished Member
Join Date: Nov 2005
Posts: 2,939
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..anche a me mancavano i tuoi racconti con conseguenti splendide immagini!...finalmente!
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#16 |
Senior Member
Join Date: Oct 2005
Posts: 1,570
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Che bello, Alessio, il mondo dove mi hai portato, è proprio quello dove vorrei stare sempre... Sei fortunato ad avere i tuoi cani meravigliosi e sopratutto a essere capace di viverli in questo modo! Grazie per il racconto e le foto, ciao, Paola.
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#17 |
Distinguished Member
Join Date: Jan 2008
Posts: 4,136
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Ciao Alessio le tue foto e i tuoi racconti sono sempre molto profondi e magici Grazie per queste immagini e parole che ci hai reglato sono cose che allungano la vita questi racconti fotografici..Danke!
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Francy e banda "Ma poi...bisogna vedere in quale mare di lacrime è nato un sorriso..." |
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#18 |
Distinguished Member
Join Date: Aug 2006
Posts: 2,505
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Bellissimi i racconti le foto e soprattutto i lupi!
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CLAUDIA e GHOST ![]() |
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#19 |
Senior Member
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...uhau...Alessio: ad un certo punto la tua descrizione mi ha fatto rivivere quella scena del film Wolf quando Jack Nicolson si trasforma definitivamente in lupo correndo nella foresta dietro ai suoi sensi amplificati....
...quanto, invece, al retroterra filosofico del tuo viaggio incantato... non direi che questa "natura interiore che vive di meccanismi lineari e pratici, estranei da ogni sorta di giudizio, morale, etica e interpretazione fittizia" sia davvero il nostro "tesoro perduto"... ...mi pare un'immenso privilegio, invece, per l'essere umano aver coscienza, e con ciò dominare, questo tesoro inesauribile che gli è dato a dimora, percepirlo saperlo descrivere con tanta sensibilità, fin nei dettagli, sapersi immedesimare, addirittura, negli animali che osserva, goderne anche nel ricordo, renderne partecipi gli altri... Grazie per le emozioni che sai dare in ogni tuo racconto... i tuoi sono gli unici messaggi così lunghi che vien voglia di leggere tutti d'un fiato! |
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#20 |
VIP Member
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ehm...io ho solo guardato le foto...
![]() Beh, due cagnoli fortunati che passano con disinvoltura dai successi sul red carpet del ring alle steppe fangose fin anche alle nebbiose vette innevate. Che culo ! (citazione filosofica) "Vorrei essere il tuo cane" (citazione di un ex addestratore quando ha visto il sito di Nav)
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Susanna & Gianluca & Andrea & Navarre & Isabeau & Brandimarte & Anastasia & Lana Last Navarre & Beau Isabeau ![]() |
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